Da un libro giacobino e dunque antiborbonico riportiamo l’editto del 1831 che appare un esempio lucido di trasparenza ma anche di estrema attenzione per il popolo governato
Mentre si discute di finanziaria con i consueti meccanismi bizantini, centralisti e – consentiteci di dirlo – ancora una volta a danno del Sud da parte di uno Stato italiano che dimostra reiteratamente di non comprendere le reali dinamiche della Questione Meridionale, non ho potuto fare a meno di ricordare il passaggio che di seguito voglio riproporvi.
E siccome nel giornalismo vero, cosa che la rete internet non sempre garantisce, le fonti sono garanzia di credibilità per una notizia o per un documento, qui la valenza di quello che riporto è doppia perché viene da un libro doppiamente giacobino. Si tratta infatti de “La Napoli borbonica” che, edita dal Touring Club Italiano, rivede il celebre libro “Il corricolo” di quell’Alexandre Dumas Padre che combatté animosamente la Real Casa di Borbone, al punto da entrare in Napoli al fianco di Garibaldi. D’altronde era figlio di un generale napoleonico e il rancore era giustificato dalla prigionia di suo padre, generale napoleonico che aveva combattuto con i giacobini francesi e napoletani nel 1799, meritandosi due anni di “soggiorno” nelle carceri borboniche.
E se il testo originale è segnato senza pietà dalla retorica antiborbonica e filofrancese fin dalle prime righe, va dato atto alla penna di Gianni Guadalupi, che firma la prefazione di questa edizione uscita nel 1997, della capacità di riequilibrare le posizioni secondo la nuova visione meno politicizzata e più oggettivamente storica venutasi a formare negli ultimi vent’anni.
Ma torniamo alla finanziaria: di seguito l’editto, datato 11 gennaio 1831, con il quale Ferdinando II “presenta” la Finanziaria dell’esercizio per lo stesso anno.
Non aggiungerò altro alle righe di Guadalupi, che condivido in toto.
Però una domanda, poi, sorge spontanea, e vi prego di lasciarmela passare:
“Ma siamo sicuri che anche una pessima democrazia sia meglio di una buona Monarchia?!”.
A voi: “…i suoi editti, per chiarezza di linguaggio e onestà di intenzioni, potrebbero essere d’esempio a molti governanti di oggi…”
(Gianni Guadalupi)
“Noi abbiamo voluto conoscere lo stato della situazione della tesoreria generale di Napoli. Per quanto trista essa sia non ne facciamo un mistero. Questa leale franchezza sarà degna di noi, sarà degna del popolo generoso di cui la Provvidenza ci ha affidato il governo. Posta dunque a nudo la cosa, il deficit effettivo che esiste pel 1861 è di ducati 1.128.167. Noi ne fummo profondamente rattristati, ma non disaminiamo. Fedeli alla nostra promessa di fare ogni personale sacrifizio, noi abbiamo già conceduto un rilascio dalla Nostra cassa di ducati 180.000; altro ne facciamo dall’assegnamento della nostra Casa per ducati 190.000. Abbiamo ottenuto dai diversi rami della Marina e della Guerra un’economia di ducati 350.000. La severa riforma dei diversi ministeri ha prodotto ha prodotto un’altra economia di ducati 351.667. Pareggiati in tal modo gli introiti con el spese per l’esercizio 1831, rimane disponibile la somma di ducati 110.050. Noi ci siamo proposti di impegnarli a sollievo del nostro popolo, colla riduzione del dazio sul macinato…”.
No, non avete letto male: il conto lo pareggiava la Real Casa di tasca propria.
Devo aggiungere qualunquisticamente altro su quello che invece “toglie” la nostra classe politica o lascio il lavoro alla vostra galoppante fantasia?
Gino Giammarino