Con Andrea Rey l’oscura vicenda “Banco di Napoli” diventa un libro

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L’economista e docente universitario napoletano Andrea Rey ripercorre, in un libro appena pubblicato, la vicenda oscura della vendita del Banco di Napoli. E ne parla, in esclusiva, in questa intervista rilasciata al’amico Paolo Pantani per il quotidiano ildenaro.it. Nel ringraziare il primo per la segnalazione ed i colleghi del quotidiano economico partenopeo
per la gentile concessione, vi ricordiamo che il libro “La scomparsa del Banco di Napoli” (per Editoriale Scientifica) è già disponibile sia in libreria che online.

La scomparsa del Banco di Napoli è avvenuta nel 1996, ben ventisette anni fa, quando lei aveva appena sette anni. Cosa l’ha spinta a fare questo libro di analisi scientifica ed economica, su un tema così scottante, e purtroppo ancora molto conflittuale ma molto paradigmatico della irrisolvibile, con questi metodi a dir poco liquidatori e crudelmente conclusivi, Questione Meridionale? Si è voluta azzerare una storia nata nel 1463, quando nacque il Banco della Annunziata, 29 anni prima della scoperta delle Americhe, una delle banche più antiche del mondo… 
Mi permetto subito di fare una precisazione: il Banco di Napoli è stata per secoli la banca più antica al mondo, e non una delle banche più antiche al mondo, e la sua scomparsa si colloca tra i fattori più importanti che, purtroppo ancora oggi, continuano ad alimentare la Questione Meridionale. La scelta di scrivere questo libro è nata dalla volontà di restituire delle verità sulla vicenda che ha riguardato la scomparsa del glorioso Banco di Napoli. Purtroppo, si è trattato di una vicenda con diversi punti “oscuri”. Come ha sottolineato lei, avevo solo 7 anni quando è iniziato il processo che ha portato alla scomparsa dell’Istituto Napoletano ma credo sia stata quasi una fortuna per rendere il contenuto del volume quanto più oggettivo possibile: ho scelto di fare affidamento solo sui bilanci delle società coinvolte e sulle norme emanate dal Legislatore, lasciando fuori la politica di quel tempo.

Nel suo libro, lei cita anche diversi nomi importanti, tra cui il cittadino onorario di Napoli Carlo Azeglio Ciampi…
Si, perché Ciampi è stato tra i principali interlocutori della Fondazione durante l’iter di approvazione della Legge n.588/1996. Da Ministro del Tesoro, poi, considerò stranamente “congrua” l’offerta di INA-BNL di circa 61,5 miliardi di lire, cioè gli attuali 32milioni di euro, per il 60 per cento del Banco che ormai era privo degli NPL che, nel frattempo, aveva scorporato alla SGA. Una cifra alquanto irrisoria se si pensa che solo qualche anno dopo, il Banco di Napoli venne rivenduto al Sanpaolo per 6.000 miliardi di lire. Insomma, per INA-BNL fu un grande affare ma anche per il Tesoro: dai miei calcoli, il Tesoro ha guadagnato circa 900milioni di euro dall’operazione di “salvataggio” del Banco. Insomma, non credo che Ciampi abbia tutelato gli azionisti del Banco e, più in generale, Napoli e il Sud. Anzi… 

Quali conseguenze ed effetti economici sono derivati da questa scomparsa per Napoli e per il Sud? 
Gli effetti sono stati devastanti! Come ha sottolineato il prof. Adriano Giannola, al quale sono grato per la sua preziosa postfazione, le imprese del Nord ottengono più credito a scapito di quelle del Sud e questo comporta che, da anni, una quota crescente dei depositi raccolti al Sud finanzia gli impieghi al Centro-Nord. Aver perso il più grande polmone finanziario del Mezzogiorno è sicuramente uno tra i tanti ostacoli che limita lo sviluppo di un’area che potrebbe essere, invece, strategica anche per il resto del Paese, essendo nel cuore del Mediterraneo. 

Lei è un docente universitario, non un politico, ma è anche un giovane commercialista. Pensa che la mancanza di una banca di riferimento del territorio renda più impegnativo lo sforzo delle imprese meridionali nell’ottenere finanziamenti? 
Certamente. Come ho appena detto, al Sud manca un istituto bancario delle dimensioni del Banco di Napoli che accompagni la crescita delle imprese meridionali che, invece, sono costrette ad accedere a finanziamenti con tassi di interessi superiori rispetto alle imprese del Nord. Su questa spigolosa questione, spero presto di organizzare un convegno con l’Unione dei Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Napoli, di cui sono Membro del Direttivo.

Oggi si discute molto anche dei diritti dei vecchi azionisti, tra i quali figura la stessa la Fondazione…
Si, anche se qui ho lasciato la parola agli esperti giuristi. Posso solo sperare che gli ex-azionisti siano in grado di promuovere delle azioni a tutela dei loro interessi e, perché no, che si riorganizzino per ricostituire una banca che possa essere di riferimento per il Sud, proprio come lo era il Banco di Napoli.

È circolata la notizia che presto procederà con le prime presentazioni pubbliche del suo impegnativo, diciamo così, lavoro… 
Si, il libro è stato pubblicato solo da un mese e nelle prossime settimane sicuramente si procederà con una serie di eventi in cui avverrà la presentazione del libro. Il primo invito che ho ricevuto è stato del Museo di Napoli, che detiene importantissimi reperti anche sulla storia gloriosa del Banco di Napoli, da parte del Direttore Gaetano Bonelli (foto a lato) che ringrazio.

Grazie anche a lei per l’intervista, professore. Ma in conclusione, se volesse lanciare una provocazione sull’argomento, cosa direbbe? 
Mi sono sempre domandato come sarebbe andata se avessimo capovolto lo Stivale e la provenienza geografica dei vari attori della vicenda. Probabilmente, si sarebbe fatto di tutto per tutelare realmente gli azionisti e il territorio. Col Banco di Napoli, questo non è avvenuto.

Paolo Pantani

 

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