Napoli irriconoscibile anche in Champions: sicuri sia colpa di Garcia?

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Una buona stella, lo spirito positivo di Diego Armando Maradona o un secondo miracolo di San Gennaro nella canonica scadenza delle 24 ore dopo la festa del Santo Patrono di Napoli.
In una di queste tre straordinarie casistiche va inserita la fortunosa e immeritata vittoria di ieri sera, ai danni dei portoghesi del Braga, da parte degli azzurri messi in campo dal nuovo allenatore Rudi Garcia, che però a mio modesto avviso non ha le colpe che tutti gli attribuiscono in queste ore, chiedendone la testa.
Ma su questo argomento torneremo alla fine.

Partiamo dalla difesa, reparto che più di tutti sembra sotto accusa. Il numero uno, Meret, è tornato alle antiche balbuzie, mentre al centro della zona Juan Jesus, non solo per la propria lentezza non richiede mai l’ausilio del VAR per i suoi interventi, ma condiziona anche il compagno di reparto RRahmani il quale, non essendo un fuoriclasse, si esalta se gioca in coppia con un Koulibaly o un Kim al fianco, ma scade nel rendimento se deve giocare per due. Come  se non bastasse, s’infortuna dopo soli 13 minuti e viene sostituito da un Ostigaard che non migliora la media insufficiente del reparto.
Sicuramente meglio Olivera sulla fascia destra (suo il cross da quale arriva la rete), mentre capitan Di Lorenzo (autore della rete) è l’unica conferma in positivo e non solo per la rete realizzata, che rappresenta solo una certificazione dell’ottimo stato di forma.

A centrocampo, un Anguissa lontano parente di sé, svogliato e inappetente, un Lobotka generoso ed umile che si sacrifica per salvare la barca, e il solito Zielinsky a corrente alternata tra abulica assenza e squarci abbaglianti di classe cristallina.

Alla serata, convincente solo al 50% (precisamente il primo tempo) contribuisce il poco che racimola il pur generoso Politano, e l’assenza degli attesissimi Kwaratskhelia e Osimen che fecero la differenza l’anno scorso, ma sono in evidente ritardo quest’anno: il primo, da tempo ormai immemore, il secondo, conscio dei limiti attuali, si accanisce contro se stesso, fallendo anche le reti più facili. 
L’assenza di lucidità è palese per entrambi.
Resta Raspadori, il quale però finisce per essere trattenuto ed omologato nella mediocrità del gruppo. 

Torniamo, dunque, come promesso, a Rudi Garcia: non mi piace fare il difensore d’ufficio di nessuno, ma neanche ho simpatia per i processi sbrigativi e sommari.
Il nuovo tecnico ha al suo attivo il problema di chi viene paracadutato in una palude come quella di preparare una squadra mentre -a causa di un meccanismo perverso e incompetente della FIGC- non si capisce chi parte, chi arriva e chi resta.
Sull’altro piatto della bilancia si segnalano alcune evidenti carenze nella personalità e nelle scelte.

Ma al netto di tutto questo, se non ricordiamo che il Napoli, questo Napoli, non è più lo stesso da quando -nelle ultime battute della scorsa stagione- il Milan di Pioli gli ha rifilato 4 (QUATTRO) palloni, in casa tra l’altro, profanando il Diego Armando Maradona e contro uno Spalletti che perde TRE scontri contro il tecnico rossonero, 2 in Champions che si aggiungono allo 0-4 di cui sopra.
Spalletti aveva già sfiancato la squadra con un gioco, tanto bello quanto dispendioso per le energie che richiede. Va ricordato che da quel momento in poi la festa-scudetto, più volte annunciata, si è dovuta puntualmente rimandare perché gli azzurri erano diventati il fantasma di sé stessi, come dimostrarono partite contro il Lecce e la Salernitana: con tutto il rispetto, due provinciali del calcio.

Dunque, attenzione alle frettolose condanne. A Rudi Garcia contestiamo solo lo scarso utilizzo di quel Cholito Simeone, che tra l’altro risolse la partita dell’andata col Milan, inchiodata sull’1-1, con un fantastico colpo di testa, e l’inserimento dell’attesissimo difensore brasiliano Natan a cinque minuti dalla fine, in una partita come Braga-Napoli, diventata ormai un vero e proprio parapiglia.
Ma forse il nuovo tecnico azzurro ha già imparato i primi Rudi-menti della lingua napoletana per la quale, com’è noto, l’anno prossimo si dice proprio “N’atann”…

Gino Giammarino

  

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